L’arte, il grande megafono

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"Damiano and Friends" di Angelo Accardi 

L’arte casta non è arte. Deve invece essere pericolosa. Lo affermava Pablo Picasso, il pittore spagnolo, fondatore, insieme a Georges Braque, del Cubismo.


Della funzione dell’arte come atto rivoluzionario e come sfida verso il mondo convenzionale abbiamo parlato con Marisabell Calitri, storico dell’arte accreditato al MIC, Fascia I, specializzata presso l’Università di Firenze. Nell’analizzare il rapporto tra arte e dissenso, Calitri ci ha fatto compiere un viaggio nella storia dell’arte con riferimenti puntuali a quegli artisti che sono diventati icone nel mondo dell’arte, non solo contemporanea, aiutandoci a comprendere la chiave di lettura dei loro codici linguistici.. 

Tra le funzioni sociali dell'arte vi è quella di esprimere il proprio punto di vista rispetto ad un determinato argomento, che può essere di denuncia o anche di condivisione. Ma quando l'arte esprime il proprio dissenso, cosa succede?

 

Quando l’arte esprime il proprio dissenso cambia l’epoca, e con l’epoca, muta i suoi esponenti. Il dissenso dell’arte travolge la regolarità del tempo e degli stili, li rinnega, ricerca novità e mai nuovismo. L’arte è rivoluzione. Una donna bellissima, ribelle, ispirata, che racconta al tempo che vive la sua visione. È successo con quella che chiamiamo “avanguardia”. È accaduto con i “Salon dei rifiutati” che diventavano la proposta anti “Salon ufficiali”. Ecco che accanto all’arte perfetta di David e Ingres nascevano gli impressionisti, rifiutati ma detrattori di un cambio di tempi e di modi di percepire la realtà e di rapportarsi al vero. Poi il tempo passava e l’impressione cedeva il campo all’espressione, al Die Brücke (Il Ponte). Ma la guerra poteva solo portare all’avanguardia. La fine per il nuovo inizio. L’annullamento ribelle di tutto. Il cambio di sensibilità verso proprio tempo. Il cambio del proprio tempo. Ecco che il dissenso in arte cambia epoca.

Dalle origini ai giorni nostri, gli artisti hanno sempre utilizzato questo codice linguistico per provocare una discussione, alimentare un dibattito, accendere l'attenzione. Con quali risultati?

Trovo che la seconda domanda sia perfettamente correlata alla prima. Il codice linguistico dell’arte e degli artisti, ovvero ciò che ha dettato le rivoluzioni vere, assieme alla letteratura, alla poesia, alla filosofia, è il codice del consenso o del dissenso a quel che è la realtà che ci circonda. Il bello estremo del Rinascimento, ad esempio, era un chiaro manifesto di consenso al potere, all’inno estetico e contenutistico che sanciva la volontà di affermare uno status. Accadeva per le città, per i loro governatori, per il papato, per le famiglie potenti il cui nome doveva risuonare in giro per il mondo. Bene, era l’arte il grande megafono, la musa che tramutata in opere trovava il modo di far parlare di sè, del suo creatore, dei suoi committenti. L’arte è stata urlo ed eco di prestigio e di bellezza. Ma il bello assoluto coincide con il vero. Ed il vero, spesso, è il pensiero contrario alle regole contorte della presunta normalità. Allora l’arte, che non mente, spiega, con astuzia, fascino e sapiente capacità di coinvolgimento, ciò che nessuno avrebbe il coraggio di dire. Allora alimenta dibattiti, provoca discussioni, accende con forza ed impatto l’attenzione.

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Si parla infondo di libertà a manifestare il proprio pensiero. Nel panorama artistico contemporaneo, qual è l'opera che ha suscitato maggiormente reazioni?

Ricordate la Banana di Cattelan?

Uno studente sudcoreano ha mangiato una banana che faceva parte di un'installazione dell'artista Maurizio Cattelan al Leeum Museum of Art di Seul: "ho saltato la colazione ed ero affamato", si è giustificato. Lo riferiscono i media locali.

L'opera d'arte chiamata "Comedian", fa parte della mostra di Cattelan "We", e consisteva in una banana matura attaccata con nastro adesivo a una parete del Museo. Dopo aver mangiato il frutto, lo studente Noh Huyn-soo ha attaccato la buccia al muro con del nastro adesivo. Il museo ha successivamente collocato un'altra banana nello stesso punto.

Questo a dimostrazione che anche quella che per il mondo della critica d’arte è un’opera a tutti gli effetti, per i normali fruitori può essere altro. Le banane per l’artista che l’ha istallata con il nastro adesivo, sono un “simbolo del commercio globale e fonte di umorismo". Ce lo spiega Perrotin aggiungendo che Cattelan trasforma oggetti banali in "veicoli di gioia e critica". Dietro "Comedian" si cela in realtà un messaggio chiaro che sa di provocazione: l'artista vuole far riflettere sul concetto di valore delle opere d'arte. Nulla o tutto?

E qual è l'artista del dissenso?

L’artista del dissenso per eccellenza, a mio parere, è Francis Bacon. Colui che prendeva le icone dell’arte e del potere e le oltraggiava, rendendole a loro volta estremamente potenti oltre che degne di rigorosa nota estetica. “L’Innocenzo X” di Bacon, ripreso da Velezquez, è il manifesto del dissenso all’arte del ‘600, al potere ed ai potentati, a quella che lui viveva come una chiesa corrotta. Vero è, però, che ogni dissenso nasce dalla forte ammirazione. Bacon amava Velezquez. Sceglie i suoi dipinti come fonte di massima bellezza per deturparli, sempre con grande finezza, affinché sia chiaro il dissenso ma non si perda l’arte. Alle nostre latitudini, poi, c’è un artista del dissenso, famoso per i suoi struzzi ed il suo “FUCK” tra i più famosi al mondo ormai, nato a Sapri ma vicino per amore alla città di Potenza. Angelo Accardi nasce per decontestualizzare i luoghi comuni. Sceglie le icone del nostro tempo e le mixa, le devasta, ci gioca, le ammira e le pone accanto ai capolavori della grande arte di tutti i tempi. Le sue opere sono grandi contenitori di passioni, grandi invocatrici di riflessioni, grandi passionarie battagliere di una lotta a tempi, modi ed arti corrotte. La libertà del “tutto assieme”, di “tutto il bello di tutti i tempi”, che decanta, mentre loda e contrasta, il mondo che viviamo.

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Quale deve essere il rapporto tra lo spettatore e l'opera?

Il rapporto tra lo spettatore e l’arte dovrebbe essere esattamente quello di ogni tipologia di comunicazione. Parte da un mittente, ed è diretta, con un messaggio privato e personale, ad ogni destinatario che ne diventerà fruitore. L’arte è freccia. Ma non nasce per ferire bensì per farsi direzione. Basta seguire la traiettoria senza improvvisarsi interpreti di contenuti. Vi sono delle cose chiare. Ve ne sono altre che nascono per non esserlo. Non si può rivelare l’irrivelabile.

Infine, è preferibile parlare di arte del dissenso o di dissenso dell'arte?

Mi piacerebbe togliere una “s” alla parola “dissenso”, dare uno spazio dopo la sillaba “di” e parlare di arte “di senso”. Se ogni opera ha questa prerogativa, sarà dissenso ma prima di tutto sarà rivelazione. E ciò che si rivela porta con sé quel che necessita al nostro tempo e a noi fruitori distratti di tanta, troppa bellezza.

Eva Bonitatibus

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